Sono 11 le associazioni ambientaliste che hanno firmato un appello affinché l’Unione Europea si dia da fare nel ripulire i mari dall’immondizia: le organizzazioni non governative chiedono che gli organi europei si diano un tetto vincolante su questo fronte, lavorando affinché entro il 2025 possa venire ripulito quanto meno il 50% dell’inquinamento che ha preso sotto assedio i mari del Continente.
Dallo European Environmental Bureau (EEB) – che a sua volta raduna 140 organizzazioni europee, tra cui l’italiana Legambiente -, fino a Zero Waste Europe, Friends of the Earth Europe, Surfrider Foundation Europe e Seas at Risk. Tutti quanti uniti in un unico obiettivo: quello di procedere al dimezzamento dei rifiuti marini da qui a 9 anni di distanza.
Un obiettivo che non solo mira a ripulire i mari, ma anche a lavorare di prevenzione. Un esempio? Procedendo magari con la graduale eliminazione di imballaggi non necessari, non riutilizzabili e di oggetti di plastica usa e getta.
Il timido atteggiamento dell’Ue
In realtà l’Europa è già attiva su questo fronte, ma gli ambientalisti ritengono che gli obiettivi siano troppo poco pretenziosi: la Commissione europea, ad oggi, si è posta come obiettivo una riduzione dell’inquinamento marittimo del 30% (contro il 50% richiesto appunto dalle associazioni).
L’Italia, che è circondata dai mari, assume un ruolo inevitabilmente preponderante: ‹‹L’Italia ha già mostrato la sua leadership affrontando il problema dell’inquinamento delle buste di plastica, essendo stato questo il primo Paese Ue ad averne bandito la vendita nel suo territorio››, è quanto ci riconosce Gaelle Haut di Surfrider Foundation Europe. Che aggiunge però: ‹‹L’Italia, coi suoi 7.500 km di coste, ha una responsabilità enorme nella riduzione dei rifiuti che finiscono in mare››.
Alberto Mengora