Infatti i dati che riguardano la popolazione dei primati sono tutto fuorché incoraggianti. I numeri ci dicono che il 60% delle oltre 500 specie conosciute nel mondo sono a rischio estinzione, e che il 75% del totale presenta un numero di esemplari in netta riduzione.
Tramite questo studio pubblicato sulla rivista Science Advances, gli autori della petizione si augurano che funzionari governativi, ricercatori, organizzazioni internazionali, imprese e opinione pubblica possano fare qualcosa per contenere questo declino. La perdita di questi animali infatti comporterebbe molti costi sia per la salute dell’ecosistema, sia per la cultura umana che per la sopravvivenza stessa del genere umano.
D’altronde non è una novità: primati non umani come lorisidi, tarsi, scimmie, galagoni e lemuri essendo i nostri “parenti” più stretti, possono permetterci di interpretare al meglio la nostra evoluzione, la biologia e il comportamento, ma anche di fare attività di ricerca in ambito sanitario. Inoltre i primati rivestono un ruolo importante per la tutela della diversità biologica tropicale e contribuiscono, oltre che alla salute degli ecosistemi, anche alla rigenerazione delle foreste.
Antonio Osso