Il maltempo in Italia ha procurato morte e distruzione: perché tanti danni in Veneto, Friuli Venezia Giulia , Sicilia e Liguria e come fare per prevenire ogni rischio.
Il maltempo che ha flagellato l’Italia in questi giorni ha causato morte e distruzione. I danni sono ingentissimi: il Veneto è finito sommerso dalle piogge, con interi abitati senza acqua né corrente elettrica; la Carnia è stata devastata ,con la perdita di numerose foreste, anche secolari e per non parlare della zone di confine con l’area veneta: Forni di Sopra e Sappada sono rimaste isolate per giorni; la Liguria è stata colpita da ripetute mareggiate, con danni enormi ai porti turistici e strade distrutte. In Val di Fiemme e in Val Saisera migliaia di abeti non hanno riesistito alle raffiche violente, mentre a Venezia l’acqua alta ha coperto l’8 per cento della città, allagando anche il corpo principale della Basilica di San Marco.
Nonostante gli abitanti dell’ex repubblica marinara siano abituati, temevano il peggio. In Sicilia è ormai noto che nove persone hanno perso la vita in una villetta abusiva a causa per l’esondazione del fiume Milicia, nel palermitano. Ora si cercherà il colpevole di questa strage, ma l’abitazione doveva essere abbattuta anni fa e invece è stata affittata.
Ora si contano i danni, che secondo stima del Ministero delle Infrastrutture, ammonterebbero a 3 miliardi di Euro: 35 milioni solo in Lombardia, 300 in Trentino, forse un miliardo nel Veneto e Friuli. Si cerca un perché di tanta devastazione, ma la causa dei danni è certamente un evento meteorologico epocale e straordinario, ovvero un uragano. Ma come mai nel Belpaese ogni anno il conto dei danni da maltempo deve superare i 7 miliardi di Euro?
Quello che si è scatenato sul territorio italico gli ultimi giorni di ottobre e i primi di novembre 2018 è stato un vero e proprio uragano di classe 2. I metereologi fanno capire che è stato un evento eccezionale, soprattutto per il vento, visto che le raffiche hanno raggiunto fino a 150 km/ora. Proprio il vento è stato responsabile delle mareggiate devastanti in Liguria, dell’abbattimento degli alberi nel Triveneto e dei disagi in molte città. Lo Scirocco, da Venzone a Lignano Sabbiadoro, passando per Latisana, ha fatto temere un bis dell’alluvione del 1965 e quella più devastante del 1966, tanto che il Sindaco latisanese Galizio insieme alla Protezione Civile, i Vigili del Fuoco e alle Forze dell’Ordine teneva monitorati i livelli dell’acqua allo scopo di attuare il piano di evacuazione immediata.
Le piogge sono state caratterizzate da forte densità in alcune zone, ovvero Sicilia e Veneto. Un uragano di questa portata nel Mediterraneo è un evento molto raro, anche perché in Grecia, un mese prima, ce ne è stato uno di classe 1: due fenomeni metereologici in breve tempo non si sono mai visti, ma anticipato da allerta dei centri meteo della Protezione Civile. Il cielo non dà problemi, ma la terra invece sì, visto che deve ricevere le piogge e i venti.
Nonostante allerta meteo, il maltempo in Italia continua a mietere vittime ogni anno, in tutto il territorio. Gli studiosi sono concordi nel dire che non si tratta di mettere in sicurezza, in quanto non può esistere la sicurezza assoluta, né polemizzare sui fondi europei mai usati. Si tratta di accettare il livello di rischio e conoscere appunto i fattori di rischio del Belpaese.
Le caratteristiche del territorio italico generano questi problemi: piene e frane. Il dissesto idrogeologico in Italia, secondo il rapporto ISPRA 2018, rivela che su una superficie di 302mila km quadrati, il 16,6% sono catalogati come maggiore pericolosità per frane e alluvioni. In conclusione, l’Italia, pur avendo zone a rischio medio e a rischio basso, è il Paese più alluvionabile al mondo.
Secondo punto di pericolosità è il nodo dell’abuso edilizio. Alcuni insediamenti non tengono conto del rischio territoriale. La villetta abusiva in Sicilia colpita dalla piena di acqua e fango non doveva stare lì, ma non è un caso isolato. Legambiente ha calcolato 71 mila immobili interessati da ordinanze di demolizione, altri invece hanno usufruito dei vari condoni e poco importa delle criticità nelle caratteristiche del suolo, stanno in piedi e sono abitate nonostante tutto.
Il terzo fattore di rischio è la mancanza di precauzioni. A Genova, ad esempio, ci sono due parcheggi sotterranei vicini: uno è perennemente allagato, l’altro mai vista una goccia d’acqua. In uno dei due è stato posto un vincolo in costruzione: alzare con un dosso tutti gli accessi di circa 140 cm sopra il piano di campagna. In questo modo, l’acqua non entra e non si ha alcun allagamento. Inoltre, chi ha in concessione le strade dovrebbe dedicare una mezza giornata di blocco totale del traffico nelle aree in cui viene prevista pioggia record, per limitare i tanti decessi in automobile. Tutte precauzioni che non vengono adottate per incuria o poca cultura. Insomma, la Protezione Civile è un imbolo di efficienza italica sin dal 1976, ma abbiamo molto da imparare sul controllo della vulnerabilità territoriale.