Un recente studio ha rivelato il sistema che il faggio abruzzese utilizza per rimettersi in salute dopo il freddo invernale che ne brucia le gemme e le foglie. Dalla ricerca è stato evidenziato come l’albero utilizzi le scorte di carbonio, accumulate negli anni con la fotosintesi, per ripristinare la sua bellezza e proteggersi dai cambiamenti climatici.
Lo studio che ha svelato il segreto del faggio abruzzese per rimettersi dopo il freddo invernale, è stato pubblicato sulla rivista New Phytologist dall’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo (Cnr-Isaform) e dall’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terresti (Cnr-Iret).
Entrambi questi Istituti fanno parte del Consiglio nazionale delle ricerche e hanno portato avanti l’indagine sul faggio abruzzese in collaborazione con l’Istituto per la biogeochimica del Max-Planck di Jena, in Germania.
Lo studio è stato condotto nella regione mediterranea, una delle più sensibili ai cambiamenti climatici: un episodio, risalente all’aprile del 2016 ha messo a dura prova la faggeta abruzzese di Selva Piana a Collelongo, in provincia de l’Aquila.
Durante quell’anno, infatti, le temperature sono scese al di sotto dei 6,5 gradi sotto lo zero, comportando la perdita di tutte le foglie per queste alberi.
Per difendersi, i faggi hanno utilizzato le scorte di carbonio accumulate durante la fotosintesi, riuscendo a riformare le proprie gemme e le proprie foglie.
Ettore D’Andrea, primo autore dello studio, ha dichiarato che dallo studio si è riscontrato che le riserve di carbonio utilizzate dai faggi nel periodo senza foglie sono diventate sempre più “vecchie”: in pratica, gli alberi hanno attinto al carbonio derivante dalla fotosintesi svolta nel 2011.
In più, come continua l’autore, durante la riemissione delle foglie e delle gemme, i faggi hanno attinto a riserve di carbonio accumulate fino a 9 anni prima.
È evidente, dunque, l’importanza delle riserve di carbonio per le piante durante eventi estremi come i cambiamenti climatici.