Concorsi pubblici: da novembre cambia tutto, come si dovrà procedere
Nel merito dei concorsi pubblici arrivano grandi cambiamenti sotto tantissimi punti di vista. Da novembre dunque si dovrà procedere in questo modo.
I concorsi pubblici stanno per entrare in una nuova fase, in cui tutto sarà organizzato in maniera diversa e in cui cambieranno anche le quote di candidati selezionati. Già negli ultimi mesi – esattamente dal 1 luglio – sono stati apportati alcuni cambiamenti voluti dal ministro Renato Brunetta, ma a partire dal 1 novembre queste modifiche diverranno obbligatorie. Vediamo dunque in cosa cambierà l’accesso ai concorsi pubblici.
Concorsi pubblici: tutti cambiamenti che entreranno in vigore
Tra le tante novità introdotte negli ultimi mesi c’è la possibilità di pubblicare i bandi di concorso non più sulla Gazzetta Ufficiale ma sul portale di reclutamento dell’InPA – sito per le assunzioni a tempo indeterminato.
A partire dal 1 novembre però questo diventa un obbligo, al fine di rendere il sistema più semplice grazie alla digitalizzazione. Per accedere sono necessari Spid, Cie e Cns – ovvero identità digitale, carta d’identità digitale e tessera sanitaria (ora chiamata carta nazionale dei servizi).
Sono stati, inoltre, apportati moltissimi cambiamenti anche sui tempi per le procedure – che ora dovranno concludersi entro 120 giorni dalla data della prova scritta o della convocazione – ma anche i requisiti per accedere e la composizione della commissione.
Quest’ultima in particolare dovrà essere composta anche da specialisti in risorse umane e psicologia, al fine di analizzare non solo le competenze ma anche le condizioni del soggetto esaminato. Infine, per favorire anche i soggetti che hanno difficoltà a muoversi tra regioni per effettuare i test, ci sarà la possibilità di fare delle selezioni decentrate per circoscrizione territoriale.
Concorsi pubblici, come cambiano le selezioni
Per quanto riguarda l’accesso ai concorsi, è stato stabilito che saranno aperti anche agli stranieri non appartenenti alla comunità europea, purché rientranti in categorie molto specifiche: dovranno ovviamente avere il permesso di soggiorno in Italia, essere titolari dello status di rifugiato o della carta di soggiorno (ovvero il permesso di soggiorno per un lungo periodo).
Un aspetto molto importante, infine, riguarda la parità di genere – da ora assicurata con meccanismi volti a favorire il genere meno rappresentato. La norma però non si applica se il differenziale di genere è pari o superiore al 3’% delle domande presentate al momento della selezione.