CONGEDO PARENTALE 2023 NOVITA’ IN ARRIVO
A proposito di novità in ambito legislativo, con il nuovo esecutivo pare ce ne siano all’orizzonte anche sul fronte del congedo parentale. Quali dunque le novità per i genitori, a partire dal 2023?
Fra gli ambiti interessati dalla Legge di Bilancio 2023, anche il congedo parentale. Parliamo della durata dell’astensione dal lavoro da attribuirsi ai lavoratori che siano genitori, per i primi anni di vita del nascituro.
Il congedo obbligatorio per le madri è di 5 mesi, e può essere anche richiesto 2 mesi prima del parto. In ambito del periodo considerato le lavoratrici madri hanno diritto all’80% sulla retribuzione. Per i papà, sempre stando al quadro per come prefigurato finora, dieci giorni appena di congedo, ma retribuiti interamente.
Poi, fino ai 12 anni di età del bambino o bambina, ai genitori spetta il diritto ad un congedo parentale retribuito, con retribuzione al 30%, di 10 mesi complessivo (fra entrambi i genitori). Per i genitori soli lo stesso congedo arriva a 11 mesi, e per le madri può essere al limite di 6 mesi.
Con D.L. 30 giugno 2022, quest’ultimo periodo è passato fino a 9 mesi. Vediamo ora le novità prospettate per il nuovo anno.
Le novità 2023 in materia di congedo parentale
Fino ai sei anni di vita del bambino, e per la durata limite di un mese complessivo, la retribuzione non sarà più del 30% per le madri bensì dell’80%. Diventano dunque complessivamente 6 i mesi di congedo parentale per le madri, complessivamente, con retribuzione all’80%. Il che è stato previsto per creare una sorta di riserva a livello di periodo, cui le lavoratrici madri possono accedere in caso di difficoltà.
Non si è discusso di modifiche in materia di diritti dei papà, ma sembra che ve ne possano ancora essere, tramite opportune correzioni del provvedimento in Parlamento. In particolare, si preannuncia dal fronte di “Noi Moderati” di Maurizio Lupi un emendamento affinché il mese in più possa alternativamente essere goduto dal padre o dalla madre.
Nel caso il mese in più, del tutto opzionale, si potrebbe aggiungere a quello di 10 giorni canonico già stabilito. In ogni caso si parte dal presupposto che ancora pochi possono permettersi di rinunciare, seppur temporaneamente al lavoro, per occuparsi del figlio o della figlia col 30% di retribuzione, ma si punta a cambiare la situazione con l’assegno quasi pieno.