C’è chi dovrà restituire 230 euro per figlio di assegno unico. Vediamo quali categorie e perché.
L’assegno unico è un’erogazione molto importante al sostegno delle famiglie bisognose. La propria utilità si è dispiegata regolarmente ma tuttavia vi sono delle criticità nel calcolo.
Proprio per quel che concerne la determinazione del suo importo, è stato colto un cavillo al quale prima non si era badato. Proprio in virtù di questo cavillo adesso per molte famiglie italiane si avvicina il rischio di una stangata.
Stangata che, se arriverà, l’INPS chiamerà alla restituzione, per come si accennava, di una quota di assegno unico. La quota che l’ente può richiedere indietro arriva fino a 210 euro ma vediamo di cosa si tratta.
Il cavillo concerne le famiglie monogenitoriali. A partire da ottobre scorso, le famiglie con la presenza di un solo genitore hanno cominciato a ricevere già una quota mensile minore. Ad essere stato detratto, l’importo della maggiorazione fino a 30 euro. Una maggiorazione che era stata riconosciuta, stando al dato letterale, alle famiglie in cui entrambi i genitori siano percettori di reddito da lavoro.
Vediamo qual’è la ratio alla base della legge, ossia del D. Lgs. n.230/2021. Essa parte dal presupposto che entrambi i genitori siano impegnati in un’attività lavorativa e pertanto debbano ricorrere privatamente a delle forme assistenziali, come ad esempio baby sitter o altro. Quantomeno per un determinato monte ore a settimana.
Chiarito ciò, la legge non opera riferimento a quelle famiglie con un solo genitore e dove il medesimo lavora. Ne consegue che le esigenze familiari sarebbero le stesse, ma l’INPS non può andare oltre il dato letterale. La maggiorazione sul sussidio è stata concessa dal legislatore solamente a quelle famiglie con entrambi i genitori e che lavorino.
La maggiorazione è arrivata a 30 euro per un Isee al di sotto dei 15.000 euro, e con valore decrescente al crescere dell’Isee, fino ad annullarsi in presenza di Isee pari a 40.000 euro. Ora, l’INPS, avendo interrotto da ottobre l’erogazione in questione sarebbe anche legittimata a domandare la restituzione delle somme arretrate e che per legge sarebbero “indebitamente percepite”.
Nel decreto non viene fatto riferimento ai nuclei monogenitoriali e pertanto molte famiglie hanno comunque richiesto la maggiorazione. Vi è stata confusione fino a ottobre, ultima rata della maggiorazione versata alle famiglie in questione. Dopodiché essa è stata interrotta ma le famiglie con un solo genitore speravano in una correzione nella Legge di Bilancio 2023. In assenza di un detto intervento, l’INPS potrà richiedere le 7 mensilità della rata, saldate per errore.