Arriva il momento dei conti: si parla di pandemia, ma stavolta sotto osservazione è la gestione che è stata fatta.
Di pandemia si parla e si continua a parlare, stavolta cambia il focus dell’argomento: infatti non sono i casi di contagio ad essere sotto inchiesta bensì la sua gestione. A tal proposito sono arrivati 19 avvisi di garanzia sulla gestione dell’Emergenza nell’inchiesta della procura di Bergamo.
L’attenzione giudiziaria infatti è rivolta nei confronti di scienziati, assessori e coordinatori: tutti sono implicati nella vicenda agli inizi del 2020, scopriamo nel dettaglio cos’è successo.
Di fatto la procura della città di Bergamo ha concluso l’inchiesta dopo quasi 3 anni dal quel terribile periodo, ponendo l’attenzione e indagando per epidemia colposa aggravata e omicidio plurimo.
Oltre che rifiuto di atti di ufficio l’ex premier Giuseppe Conte e l’ex Ministro Roberto Speranza, il governatore della Lombardia Attilio Fontana e l’assessore regionale al Welfare della Lombardia Giulio Gallera.
La procuratrice della città di Bergamo Cristina Rota insieme ai pm Silvia Marchina e Paolo Mandurino e sotto la supervisione del Procuratore Antonio Chiappani, hanno raggiunto una conclusione all’indagine. Operazione che aveva l’obiettivo di comprendere ed individuare le reponsabilità di quanto accaduto in quel drammatico periodo.
Il governatore Attilio Fontana commenta la vicende con parole dure: sostiene che sia una vergogna che chi è stato ascoltato perché persona a conoscenza dei fatti si sia trasformato in un indagato e lo scopra solamente dai giornali. Giuseppe Conte invece si rende disponibile nei confronti della magistratura e si ritiene tranquillo perché consapevole di aver operato con impegno e senso di responsabilità nel momento più difficile della storia della nostra Repubblica.
In quel drammatico periodo sono sicuramente rimaste vivide e indimenticabili quelle immagini delle lunghe file dei camion dell’esercito. Veicoli che di fatto portavano le salme fuori dalla regione per procedere con la cremazione. Un momento che il nostro Paese e in particolare i parenti delle vittime non potranno mai dimenticare. Ma anche tutti quei decessi avvenuti in solitudine nelle proprie case, positivi che che avevano solo la tachipirina con loro. Oltre che l’assenza di autopsie, una parentesi che rimarrà scolpita nella memoria collettiva. Ricordiamo che le vittime in quel periodo furono 39.000 solamente in Lombardia.