Un tasso di inflazione a livelli elevati, che non accenna a diminuire, un’aumento vertiginoso dei prezzi e un potere d’acquisto che cala.
Confesercenti, dopo aver confrontato le stime di mercato e dati Istat, avverte che purtroppo il tasso di inflazione rimarrà al di sopra del 2% almeno nei prossimi anni, fino al 2025. Il rischio potenziale è quello che in tre anni da adesso vadano al macero almeno 10 miliardi di euro di potere di acquisto degli italiani e delle famiglie.
Tutto questo avrà effetti anche sul fisco. Non è un caso per esempio il taglio del cuneo fiscale previsto dal Governo, poiché in parte sarà proprio il fisco a eroderlo. Per questo non si ferma neanche la corsa dei prezzi, che sappiamo quanto metta in difficoltà e gravi sulle spalle delle famiglie e degli italiani.
La situazione così descritta ha conseguenze ovviamente anche a livello di calo dei consumi, perché cala il potere di acquisto, questo potrebbe in qualche modo rendere meno efficace quella che è la riforma fiscale in arrivo. Si attendono i dati Istat di maggio, ma la situazione dovrebbe rimanere tale.
C’è da aspettarsi probabilmente un tasso di inflazione che non sarà mai più basso. Certo non come quanto registrato nel 2022, causa sicuramente diversi fattori, come la questione energetica, ma l’inflazione rimarrà quasi sicuramente e in maniera fissa a livelli più o meno elevati e bisognerà impararci a convivere, specie con i suoi effetti.
Ma dati alla mano, vediamo cosa Confesercenti prevede in termini di cifre e numeri. Per il 2023 ci si aspetta un tasso di aumento dell’indice dei prezzi almeno del +5,7%, per il prossimo anno del +3,8% e nel 2025 del +5,7%. Il 2026 dovrebbe essere l’anno più equilibrato perché dovrebbe mantenersi intorno al 2%, quindi un tasso abbastanza stabile in ottica dei prezzi.
Ma in termini di capacità di acquisto degli italiani, tutto questo in cosa si traduce? Sempre Confesercenti, attraverso le sue stime, rileva che il potere di spesa delle famiglie italiane, risulterebbe compresso, nel periodo 2022-2025, almeno del 16% del reddito disponibile. Questo dato fa impressione se confrontato con un altro: nel periodo 2016-2019, la compressione sul potere d’acquisto degli italiani causata dal tasso di inflazione era stato dell’1,5%.
Il tasso di inflazione così elevato ha come altra conseguenza sicuramente il rallentamento del recupero di quelli che erano i livelli di consumo prima della pandemia di Covid in Italia, che si stima avverrà forse nel 2025. E rallenta anche il recupero verso quella che era la situazione precedente alla crisi finanziaria internazionale. Si spera quindi in riforme e provvedimenti da parte del governo per tutelare e salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie.